LE VOSTRE LETTERE
Bruxelles, 30 giugno 1999 SICILIA NON È SINONIMO DI RACKET
L'amore per la terra di Sicilia e per la sua gente lavoratrice è pari alla rabbia per la miopia spesso interessata verso i denigratori È arrivato il momento di gridare alto e forte: Basta! La disinformazione ora è al punto cruciale. Ieri, 29 giugno 1999, al telegiornale delle 20, la nostra costernazione è giunta al colmo. Il servizio sul siciliano che dopo aver lavorato per tanti anni fuori dalla sua terra e aver messo da parte dei risparmi, con tanto sudore, per poter intraprendere un'attività commerciale nella sua natia Palermo, visto che, come da lui dichiarato, gli mancava il mare e il sole, raccontava che una volta aperta la sua bottega, delle persone, non propriamente uomini del racket, si sono fatti avanti per chiedere somme di denaro che potevano arrivare a 700.000 mensili. Che cose simili continuano ad esistere in Sicilia è anche vero ed è giusto denunziarli, ma la cosa più incresciosa è che alla vigilia delle vacanze, e in considerazione dell'attrattiva turistica che la nostra Isola potrebbe destare, una disinformazione razzista è pilotata, vuol tramandare l'immagine della Sicilia come terra di mafia, usura,corruzione, etc.., con la conseguenza di allontanare, non solo quanti vogliono trascorrere le loro vacanze nell'Isola, ma anche quelli che vorrebbero avviare attività commerciali e quindi creare occupazione nell'isola.... Peró si dimentica di ricordare che oggi il racket è altrove. Il servizio televisivo ci sembra doppiamente colpevole perché, oltre alla disinformazione, veicola soprattutto presso la nostra comunità all'estero un'immagine negativa perché, se qualcuno intendesse rientrare e creare qualcosa nella sua Isola, lo invita a restare dovesi trova. Avremmo voluto leggere un qualche comunicato di un qualche "onorevole deputato o assessore" per difendere alto e forte il nome della sua terra e della sua gente, ma purtroppo questi personaggi capaci del coraggio di difendere la propria Isola non si trovano... Ma verrà il giorno che il Siciliano nell'Isola è quello all'estero si toglieranno di dosso quel senso di colpa che da anni gli fanno portare addosso, riscoprendo la fierezza di appartenere a un popolo di antichissime civiltà, e capiranno che da anni, gruppi economici importanti, hanno fatto della loro Isola un mercato per i loro prodotti. Fondazione "L'ALTRA SICILIA" Francesco Paolo Catania, Eugenio Preta Fondazione « L’ALTRA SICILIA » |
U FUTURU DA LINGUÂ SICILIANA Tourcoing, 1 sittembri 1999 Egregiu diritturi di l' assuciazioni CSSSS, Sugnu cuntenti ca 'n Sicilia ci sunnu SICILIANI ca parranu e scrivunu lu sicilianu. Li genti pensunu ca sta lingua è parrata di latri e briganti. Forsi è veru ca 'nta sti tempi a genti parranu chiù 'u 'talianu ca 'u sicilianu, anzi mancu 'u 'talianu ma 'u 'nglisi! Ormai 'a lingua addutata de patri ' comu scriveva Buttitta', si sta pirdennu, u munnu cancia e a lingua si 'mbastardisci. Nun si senti chiù "staiu jennu a fari a spisa", ma vaiu a fari 'scioppingh'(shopping). Mancu " jemu a fari 'na scampagnata" ma jemu a fari 'futingh'(footing) a la pineta.Chi munnu, si jucava e bocci, ora si joca o 'bulingh'(bowling). Pirtantu, mi scrivu all'assuciazioni, pirchì sugnu sicuru ca, macari di luntanu, quannu vogghiu 'rispirari aria di Sicilia, mi cullegu e mi leggiu quattru pruverbii e quarchi liggenna. Vi mannu dui puisii e v'abbracciu ccu nustalgia, salutannu tutti i me parenti ca su 'n Sicilia, a Jaci Platani e Jaciriali. Anthony F. Russo
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Bruxelles, 2 settembre 1999 LETTERA APERTA AI LEGISLATORI SICILIANI Da tempo i responsabili della Fondazione "L'Altra Sicilia",facendosi latori delle esigenze dei Siciliani che vivono e lavorano all'esteroe convinti della necessità di un riscatto civile e sociale dell'Isolaper poter finalmente abbattere nefasti stereotipi (mafia, usura, corruzione, criminalità ecc.) portano avanti il discorso di un rinnovamento che deve passare innanzitutto dalla rifondazione morale della classe politica siciliana. Infatti, se oggi la nostra Sicilia si trova in condizionidisastrose lo si deve soprattutto a quella classe dirigente, passata e presente, che nulla ha fatto e nulla vuole continuare a fare per la Sicilia e per i Siciliani. Il Siciliano nell'Isola (e soprattutto quello all'estero) vuole riscattarsi da quel senso di colpa che da anni gli viene imposto, riscoprendo la fierezza di appartenere a un popolo di antichissime civiltà. Ormai è giunto il momento di mettere insieme tutte le migliori energie presenti in emigrazione, insieme ai responsabili regionali, scriviamo responsabili, al fine di preparare una normativa per l'emigrazione che sostituisca le due precedenti, affinché giustizia e rispetto siano resi alla nostra comunità all'estero e per dare all'emigrazione quel nuovo corso, da tempo atteso, facendolo uscire dalla sua forma attuale, mercantilista e partitocratica. I siciliani non vogliono più che altri programmino e pensino al loro posto e perciò chiedono: A) Soppressione della legge 4 giugno 1950 n° 55 e della legge 5 giugno 1984 n° 38 La legge 4 giugno 1950 e la legge 5 giugno 1984 n° 38 che regolamentano l'emigrazione siciliana devono essere soppresse. Non hanno più senso di esistere, come, di conseguenza i patronati, che sono stati i più diretti beneficiari di queste leggi. Essi, confermandosi l'emanazione di una vecchia e tanto nefasta partitocrazia, hanno dimostrato di non servire a nulla specialmente quando hanno amministrato denari pubblici senza alcun controllo. I risultati disastrosi sono sotto gli occhi di tutti ! Presentino piuttosto progetti all'estero per servizi, sotto lo stretto controllo dei Cons.it.es. ad esempio, e solo allora potranno richiedere i finanziamenti. Ai legislatori ricordiamo che il primo vero scandalo è stata, da sempre, la passività da essi dimostrata nei controlli e la poca volontà di esercitare tali controlli, pur avendo ricevuto dalcittadino il mandato di farlo. In tutti i paesi Europei e del mondo, dove l'emigrazione siciliana è molto importante, i patronati hanno dimostrato che non servono anulla: il loro fallimento è qundi totale. Quel lavoro di assistenza e consulenza, che deve essere fatto dai consolati, ai quali queste "piovre" si sono sovrapposte, dovrà ritornare ad essere competenza consolare, perchè ai nostri connazionali all'estero servono sportelli di consulenza, antenne delle camere di commercio, informazioni sui corsi universitari, potenziali agevolazioni agli investimenti,notizie sui concorsi pubblici, sul mercato privato, ecc, per potersi adeguare ai bisogni ed alle esigenze della società contemporanea. Aboliamo gli enti inutili, semplifichiamo le procedureburocratiche, > evitando cosí quella commistione che, alla fine si crea tra politica e burocrazia e degenera in malcostume e prevaricazione. (vedil'esempio dei numerosi funzionari inquisiti, che tuttavia, rimangono impuniti ed inamovibili proprio perchè vivono della complicità dei politici). Gli enti, soprattutto quelli che hanno sede in Sicilia, devono essere monitorati dalla stessa magistratura perché non ha senso destinare all'emigrazione centinaia di milioni che si sa non arriveranno mai e che, se anche arrivassero, servirebbero solo agli scopi turistici ed alle abbuffate all'estero dei politici di turno senza che la comunità emigrata ne riceva poi nulla, se non l'illusione di incontrarequalcuno che promette di occuparsi di loro (ma per fare che cosa ?). Non discutiamo la buona fede dell'on. Capodicasa, a cui riconosciamo il merito di essere stato l'unico responsabile istituzionale a venire a Bruxelles per incontrare espressamente la comunità siciliana. Purtroppo sembra essere male informato e indotto ad una cattiva valutazione da chi ha tanti privilegi e fior di milioni, quindi ogni interesse a lasciare in piedi delle strutture (leggi enti) che non vogliono scomparire. Secondo la Fondazione, all'estero ci vuole il sostegno diretto(sotto controllo Con.si.tes - almeno questi consigli degli italianiall'estero potranno servire finalmente a qualcosa) a tutte le iniziative utili portate avanti da associazioni, cooperative o aziende, ecc. che effettivamente esplicano un servizio reale ed aggregante per i nostri residenti all'estero; servizi rivolti allo sviluppo reale e non fittizio ed alla crescita della nostra laboriosa ed attiva comunità siciliana. La nostra posizione è chiara: nessun privilegio ai patronati esistenti, soprattutto se presenti in Sicilia - è questo l'aspetto più vergognoso e negativo. Un monopolio assolutamente ingiustificatoperché obbliga le associazioni a subire progetti e programmi falsi fatti in Sicilia da gente senza scrupoli che fin ora ha solo, nella migliore delle ipotesi, sprecato miliardi pubblici. B) SOPPRESSIONE DEGLI UFFICI PROVINCIALI CHE DOVREBBERO TUTELARE, STUDIARE E COADIUVARE L'EMIGRAZIONE. Oggi a cosa servono? A nulla. Quale utilità ne trae poi il cittadino emigrato? Nessuna. L'unica loro finalità sembra essere lo scopo turistico. Abbiamo assistito, e continuiamo ad assistere, alla visita ufficiale di intere, numerose, delegazioni provinciali spesso in forma clandestina che, una volta all'estero, non avendo avvisato nessuno (e chi avrebbero dovuto informare se non sono in contatto con nessuno ?) si sono trovate sole, e smarrite di fronte ad una realtà che non conoscono e si ostinano a disconoscere. Pensavano forse questi signori che solamente il fatto di arrivare loro avrebbe suscitato l'interesse dei concittadini emigrati? Ed anche se cosí fosse stato, dove sono le associazioni, i corrispondenti, i membri di tutti questi enti e associazioni che vengono finanziati senza controllo e a fondo perduto? I siciliani all'estero non ignorano l'andirivieni dei "valletti" del potere che non conoscono le realtà siciliane nel mondo, che sperperano denari che altrimenti verrebbero destinati a scopi più seri di un viaggio gita-premio con famiglia e/o amica, in considerazione soprattutto della disoccupazione, della difficoltà di inserimento, dei problemi quotidiani che conosce la nostra gente emigrata. Pensavano che l'emigrato siciliano fosse rimasto chiuso nel suo guscio e non conoscesse le tematiche del mondo moderno ? Gran parte degli italiani all'estero, e soprattutto i loro figli, ha studiato, conosce e parla diverse lingue, (a dispetto di quanto si è voluto dimostrare, ad esempio con l'elezione della miss Italia nel mondo,dove si è scelto di presentare - a bella posta - ragazze di IIIa generazione che con la lingua italiana non avevano alcuna dimestichezza) anche se si ostina in un dialetto che dovrebbe unire e che invece li isola, li fa sentire parte di un tutt'uno organico che voi, invece, vi affannate a separare. Non credono sia giunto il momento di mettere al bando gli sciacalli dell'emigrazione, gente che ha fatto la propria fortuna cavalcando e stravolgendo i temi di questa emigrazione? Non credono che se la Magistratura (o la Corte dei Conti) volesse finalmente curiosare in questo comparto, potrebbe trovare - a più di uno - una sistemazione immediata, e forse definitiva? Non ce la sentiamo più di sopportare, per colpa vostra, di venire continuamente additati come gente poco affidabile e pronta ad ogni compromesso e dover poi continuare a difendere anche i responsabilidi quegli enti che voi finanziate in maniera troppo superficiale. Ci chiediamo; è mai possibile che il legislatore non riesca a fare un bilancio del disastro compiuto da questi enti o da questi servizi provinciali di cui gli stessi emigrati disconoscono l'esistenza ? C) SOPPRESSIONE DELLA CONSULTA REGIONALE PER L'EMIGRAZIONE E VOTO DEI SICILIANI ALL'ESTERO Non ci sarebbe neanche bisogno di scriverlo perchè tutti sanno che la Consulta regionale si è dimostrata soltanto una farsa che è servita soltanto a responsabili & Co. a scopo turistico-gastonomico. La consulta regionale dell'emigrazione: una vera buffonata, che non necessita di alcun commento, anche se ci sembra importante affermare, come da mesi facciamo, e su questa nostra analisi abbiamo ottenuto il consenso di uomini come Nicola Cristaldi, Leoluca Orlando, lo stesso Angelo Capodicasa, cosí come di altri responsabili associativi, che è necessario, oggi più che mai, aggiungere al numero dei deputati dell'ARS, almeno altri 6 deputati eletti dalle circoscrizioni estere, dimostrando cosí di voler cogliere l'occasione di cambiare lo statuto dell'ARS, proprio mentre Camera dei deputati e Senato della Repubblica votano la legge costituzionale sul voto all'estero. Se poi i responsabili del governo regionale non arrivassero a questo grado di maturità, allora non avrebbero più alcun titolo per affermare di essere i maggiori responsabili di una Regione a Statuto Speciale, proprio perchè altre Regioni hanno dimostrato di aver saputo utilizzare al meglio il loro semplice statuto ordinario. Francesco Paolo Catania |
Bruxelles, 19 ottobre 1999 Sicilia: l’assenza è di regola ! Egregio On. Capodicasa, Più volte, nei nostri comunicati, Le abbiamo fatto presente le esigenze dei siciliani all’estero. Purtroppo dobbiamo constatare ancora una volta che, nonostante i nostri ripetuti appelli, l’indifferenza della classe politica siciliana continua a danneggiare l’immagine della Sicilia e dei siciliani all’estero. Ci preme informarLa che il Consolato d’Italia di Bruxelles ha creato, tramite la proposta « Sistema Italia, significato di una presenza », un’ottima opportunità per la promozione del prodotto Italia e del turismo. Tale attività è stata affidata alla Direzione Didattica. Questo organismo, malgrado a Bruxelles resti sempre presente il problema della mancanza di una scuola italiana, ha ben impostato i programmi, riuscendo a coinvolgere gli enti locali belgi, le regioni e le istituzioni italiane. In questa nostra lettera non vogliamo entrare nel merito della validità dei contenuti e del progetto al quale anzi ci associamo e per il quale ci congratuliamo con i promotori, piuttosto - ancora una volta - dobbiamo constatare con grande rammarico l’assenza della nostra Regione Sicilia. Infatti, nonostante la Comunità dei siciliani all’estero a Bruxelles sia la più numerosa tra le comunità italiane emigrate, la più attiva e la più dinamica, la Regione Sicilia non è presente per tutelare i loro interessi e partecipare alle loro iniziative. L’esempio emblematico di tale assenza è risultata evidente nella manifestazione organizzata l’11 ottobre 1999 dalla Camera di commercio Italo-Belga di Bruxelles, manifestazione alla quale risultava assente la rappresentanza della Regione Sicilia, nonostante fosse stata invitata, come a noi stessi riferito dalla responsabile di MONDIMPRESA, filiale della Confindustria, alla quale è stata affidato l’ufficio della nostra regione. A questo punto la Fondazione « L’ALTRA SICILIA » deve chiedersi : perchè investire centinaia di milioni e spenderli per aprire una sede della Regione Siciliana quando poi questa è assente da manifestazioni che la riguardano in prima persona ? La Fondazione « L’ALTRA SICILIA » non discute, caro Presidente, la Sua buona fede; a Lei riconosciamo il merito di essere stato l’unico responsabile istituzionale a venire a Bruxelles per incontrare espressamente la nostra Comunità. Ci rammarichiamo del fatto che oltre all’assenza dei responsabili regionali, le associazioni locali, legate ai Patronati, la cui esistenza dipende dai sussidi della Regione Sicilia, non si interessino ad iniziative di questo tenore, non tenendo in alcun conto gli evidenti benefici che tali manifestazioni potrebbero apportare ai Siciliani all’estero, ai prodotti siciliani e all’immagine stessa della Sicilia. La Fondazione « L’ALTRA SICILIA » auspica che venga posta maggiore attenzione da parte della Regione Sicilia a tali iniziative e che si impegni ad esercitare maggiori controlli sull’attività dei Patronati, oppure provveda alla loro definitiva soppressione, come da noi più volte auspicato. Infine Le raccomandiamo di tenere sempre in dovuta considerazione la comunità Siciliana che vive e lavora all’estero, una comunità che Lei conosce bene e che sa quanto soffra e quanto poco chieda; una comunità, che si è sempre sacrificata per la sua Sicilia e che oggi chiede attenzione. Quella comunità che vuole soltanto vedersi riconosciuto, ad esempio, quel sacrosanto diritto del voto all’estero, che servirebbe proprio a farla sentire, finalmente, parte di un tutt’uno lontano ma unito. Eugenio Preta, Francesco Paolo Catania, Vincenzo Faraone, Adriano Longo, Angelo Roberto, Umberto Mazza, Ivan Bertuccio, Felice Belfiore.
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Bruxelles, 29 ottobre 1999 LA SICILIA MUORE E NESSUNO SI MUOVE! La Regione Siciliana ancora una volta senza governo. Le cronache ci rimandano una notizia che ormai è divenuta una costante dell'attualità politica siciliana: le dimissioni del governo della regione. E si ha un bel gridare allo scandalo da parte di Capodicasa e del suo mentore Fava-Veltroni, se poi sono loro stessi a doversi vergognare di avere fatto l'impossibile per poter mantenere i DS arroccati al potere. Sono riusciti a stringere patti con i partiti del ribaltone di un anno fa, con i socialisti “siciliani” e con i diniani, in via di estinzione, e con l'immancabile Rifondazione. Le cronache ci parlano di agitazione interna tra i partiti che sostenevano Capodicasa, ma non lasciano filtrare quello che noi invece leggiamo: la solita fame di poltrone che agita l'Udeur del ministro “siciliano” Cardinale, che si distingue per cercare sempre prebende e per non aver mai presentato proposte o programmi, dei socialisti siciliani che hanno dovuto nascondersi dietro un indipendente di sinistra e dei comunisti sempre affamati di potere. Le dichiarazioni dello sconfitto Capodicasa, che invita a non gioire, ci trovano poi perplessi e invece ci stimolano ad una riflessione pacata perché preferiamo adesso non avere un governo piuttosto che averne uno frutto di ribaltoni, di compromessi e di accordi che non appoteranno niente. L'on. Capodicasa sa che i Siciliani all'estero seguono le vicende dell'Isola e capiscono anche quello che i giornali locali cercano di nascondere. Egli ricorda la necessità di un governo, ma boccia anche l'idea di un governo per espletare l'ordinaria amministrazione, in attesa delle prossime elezioni. Noi pensavamo che all'on. Capodicasa interessasse veramente la sorte della nostra Isola e della sua gente. Ci siamo sbagliati: al pari degli altri non è al servizio della nostra Sicilia e della nostra gente, ma al servizio dei "pupari" romani. Giù la maschera, politicanti della regione siciliana. Le vostre diatribe di bottega ci faranno perdere "soltanto" i co-finanziamenti dell'Unione europea nell'ambito di Agenda 2000, e svelano – a quei pochi siciliani che ancora non l'avrebbero capito – la vera natura del vostro fare politica Non politica come missione morale al servizio della propria terra e della propria gente, ma politica come potere per il potere. Innarestabile però si avvicina la data delle prossime elezioni. Allora dovrete rendervi conto di quanto i Siciliani all'estero avevano capito; ma sarà troppo tardi….a meno che, nonostante le eclatanti dichiarazioni, non continuerete ad impedire loro di votare… Eugenio Preta, Francesco Paolo Catania |
Bruxelles, 03 novembre 1999 LA SICILIA PER NON MORIRE DEVE STRAPPARE LE MASCHERE
Il Siciliano onesto, spesso costretto a lottare per la sua sopravvivenza quotidiana, non si accorge che il comportamento ambiguo di alcuni suoi rappresentanti politici aggrava sempre più la sua precarietà; le crisi di governo della Regione Siciliana non fanno più notizia, non attirano eccessivamente l'attenzione dell'informazione pubblica e la carta stampata si limita a qualche trafiletto. Banali e irresponsabili sono tutte quelle frasi contro l'intera classe politica con le tipiche frasi "... chi si rumpissunu a nuci du coddu chiddi chi sunu o guvernu ..." oppure " ... ma cu si nni futti, cchiu' scuru da menzanotti non poti fari ......." o ancora " ........tantu sunu tutti i stissi ......" e tante altre imprecazioni simili ed irriguardose che non giustificano minimamente le responsabilità del Siciliano che non vuole rendersi conto di avere possibilmente contribuito a creare la precaria situazione in cui versa lui stesso e la sua comunità. Il Siciliano deve rendersi conto che quando si è recato alle urne dando il suo consenso allo sconosciuto candidato amico dell'amico del parente o quando per protesta non è nemmeno andato a votare, egli ha contribuito a gettare le fondamenta sulle quali si erge il castello della decadenza siciliana ed oggi non si giustifichi accusando o imprecando contro i politici che lo amministrano i quali di certo hanno grandi responsabilità ma la mancanza di presa di coscienza del cittadino non dà una mano per cambiare le cose e non è vero che i politici sono tutti uguali, non è vero che tutti sono il simbolo del disinteresse e del malaffare ed il suo asserimento è un'altra grossa banalità con la quale condanna se stesso a quella obbedienza silenziosa che gli è stata tramandata e che egli stesso tramanderà ai suoi figli. Sarà pur vero che la politica è corrotta ma di certo essa è composta anche di persone oneste che vivono la politica al servizio dei loro amministrati, con tanta voglia di poter fare qualcosa per la loro terra, ma che vengono ostacolati da politicanti venali, assetati di potere e col solo scopo di conquistare quella poltrona a solo uso personale o per rifarsi di una vita fallimentare nello svolgimento della propria attività privata. La responsabilità che macchia la figura del politico onesto è quella di non smascherare i politicanti di comodo e purtroppo tanti elettori spesso non sanno chi sono quelli che creano appositi scompigli a danno degli interessi della loro Sicilia ed è giunta l'ora che i POLITICI VERI, cioè quelli onesti ed amanti della loro terra, denuncino all'opinione pubblica le malefatte dei "colleghi" incapaci o che agiscono in malafede nella gestione della cosa pubblica; è necessario che la maschera dietro la quale questi si celano venga strappata, i loro volti ed i loro nomi debbono essere resi pubblici così il Siciliano può prendere coscienza su chi è contro la sua ripresa, non deve più dire che i politici sono tutti uguali, deve solo imprimere nella sua mente il volto o il nome di chi non merita la sua fiducia solitamente conquistata con una stretta di mano apparentemente affettuosa e gratuitamente distribuita nel periodo della sua candidatura oppure per il sentito dire; solo così egli può rifiutare il suo consenso a quei rappresentanti che vede solamente ad ogni tornata elettorale mentre durante il loro mandato restano barricati nel "loro immeritato regno" con segretari e portaborse ben addestrati per farsi negare ad ogni forma di dialogo. Queste denunce da parte dei Politici debbono essere fatte subito, altrimenti se fatti in campagna elettorale nessuno ci crederà. Se i POLITICI VERI, ONESTI ed amanti della loro Sicilia smaschereranno i colpevoli, i Siciliani potranno fare la loro parte e con l'uso della potente arma del voto già dalla prossima tornata elettorale incominceranno a sgombrare le poltrone da quelle presenze non meritevoli. I POLITICI ed i SICILIANI accomunati dall'onestà, dall'amore per la loro terra e dalla lotta contro il degrado, possono farcela; gli impostori, gli infiltrati ed i corrotti saranno smascherati quando il siciliano valuterà contemporaneamente il loro operato, il contenuto dei loro programmi, le loro fatiscenti promesse per un "favoloso futuro" e i loro discorsi elettorali studiati a tavolino e predicati dal podio come una cantilena imparata a memoria sempre dallo stesso contenuto: di certo nelle urne si romperà quel crine che sosteneva la famosa spada di Damocle. Mario Corrente
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Bruxelles, 29 novembre 1999 Lettera aperta al Presidente della Regione Sicilia, on. Angelo Capodicasa Caro Presidente, Per ben due volte le Sue dichiarazioni ci hanno riempito di gioia: la prima volta quando ha manifestato il suo impegno perché la comunità siciliana all’estero possa aver i suoi eletti, attraverso l’adozione del diritto di voto attivo e passivo e l’istituzione delle circoscrizioni estere. E questo sarebbe, diciamo noi, rivendicare il significato di Regione a Statuto Speciale. La seconda volta quando abbiamo letto che la Sicilia avrà la sua bandiera. Da tempo la nostra fondazione chiedeva che la Regione Siciliana avesse al pari di altre regioni, infine, un suo simbolo di riconoscimento, identificato da tutti nella bandiera. Quando ci incontrammo a Bruxelles Le ricordammo che la nostra comunità aveva bisogno di qualcosa che potesse accomunarla, suggerendoLe che la Regione decida di esporre, nei pubblici edifici, insieme a quella italiana, anche la bandiera della Regione, e questo per dare alla nostra comunità, in Sicilia e nel Mondo, un segnale tangibile di cambiamento. Il Siciliano nell’Isola - e soprattutto quello all’estero - potrà così ricatturare quell’orgoglio di appartenenza che, secondo noi costituisce un valore, in un mondo che invece dimostra di aver perduto ogni ideale. La nostra emigrazione necessita oggi di una rivisitazione. Sono sempre più numerosi i rientri ( poco favoriti dall Regione però…) e la stessa figura del siciliano emigrato si è adeguata ai cambiamenti. Crediamo sia venuto il momento di sopprimere leggi obsolete come la legge 4 giugno 1950 e la legge 5 giugno 1984 n°38 che regolamentano la nostra emigrazione. Queste leggi non hanno più senso di esistere in un mondo che dal 1950, dal 1984, ma persino da ieri stesso, cambia e diviene differente. Bisognerà coordinare tutte le energie positive presenti in emigrazione che, insieme ai responsabili regionali – sottolineamo responsabili - possano preparare una legge che sostituisca le due precedenti, e questo per adeguare il mondo dell’emigrazione ai cambiamenti in atto e dare alla stessa emigrazione un nuovo corso, da tempo atteso, che la faccia uscire dalla sua attuale forma mercantilista e partitocratica. Le nostre comunità all’estero non vogliono più che altri programmino e pensino al loro posto e, convinte della necessità di un riscatto economico e sociale dell'Isola per poter finalmente abbattere nefasti stereotipi (delinquenza, usura, corruzione, criminalità ecc;) portano avanti il discorso di un rinnovamento che deve passare innanzitutto dalla rifondazione morale della classe politica siciliana. Infatti, se oggi la nostra Sicilia si trova in condizioni disastrose lo si deve soprattutto a quella classe dirigente, passata e presente, che nulla ha fatto e nulla vuole continuare a fare per la Sicilia e per i Siciliani. Ci ricordiamo ancora che Lei ci ha confessato, quel giorno a Bruxelles, che c’è gente che manovra contro i cambiamenti, tanto richiesti e tanto necessari. Noi pensiamo che dovere principale del politico sia quello di smascherare i politicanti di comodo e crediamo ormai giunto il momento che i responsabili politici, amanti della loro terra e della loro gente, denuncino all'opinione pubblica le malefatte di "colleghi" incapaci o che agiscono in malafede nella gestione della cosa pubblica, e così poter evitare dichiarazioni come quella di una sedicenne che, pur vivendo in Sicilia, ci ha confermato di vergognarsi di essere siciliana . Caro Presidente, dall’emigrazione discende come corollario l’associazionismo secondo noi superato e poco trasparente in tutte le sue forme. L’associazionismo regionale che dovrebbe essere monitorato dalla Magistratura se ad esempio riesce ad organizzare corsi di formazione in Nuova Guinea o in Papausia quando, una lettera di una studentessa universitaria messinese, Ivana C., ci comunica un sondaggio che mette pesantemente sotto accusa l'istruzione scolastica siciliana che, tra l’altro, accusa ritardi epocali nei confronti del resto d’Italia, e contribuisce a catalogare la nostra Isola come "l’Isola degli asini". Certamente un'affermazione del genere si urta con una nostra tradizione culturale e letteraria fatta da Verga, Pirandelllo, Quasimodo, premi Nobel la cui nomea ancora oggi è rinverdita da autori siciliani come Consolo, Piazzese ecc. Siamo convinti che tutti i miliardi spesi per i corsi di formazione per gli italiani residenti all’estero potrebbero avere un effetto migliore se fossero investiti nella nostra Isola e potessero servire a preparare la nostra gioventù ad affrontare le sfide del nuovo millenio. Certi della sua consueta “non risposta”, riceva, Caro Presidente, i nostri saluti, Eugenio Preta, Francesco Paolo Catania
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Messina 29 novembre 1999 E LASCIA PUR GRATTAR DOV'E' LA ROGNA.
Di recente un sondaggio ha affermato che l'istruzione scolastica siciliana sembra divenire sempre minore in confronto al resto dell'Italia. La nostra Isola è stata catalogata come "Isola degli asini". Certamente un'affermazione del genere non l'avrebbero mai pensata ai loro tempi nè il grande Giovanni Verga, nè Luigi Pirandello, nè tantomeno, andando avanti con i tempi, il nostro Salvatore Quasimodo. Tanti altri grandi artisti siciliani si potrebbero ancora nominare a dispetto di ciò che dicono i giornali sulla cultura della nostra bella Isola, ma non è certo il luogo opportuno per elencarli tutti. Delle domande mi sorgono ora alla mente: E' vero che il livello culturale della Sicilia è inferiore rispetto al resto dell'Italia? E, supponendo che la risposta per alcuni sia si, di chi è realmente la colpa? Certo la Sicilia non è nota per il suo degrado culturale quanto per il suo basso livello di vita. Sappiamo bene che la nostra bella Isola scarseggia di infrastrutture più delle altre parti dell'Italia. Vero che ancora oggi, alle soglie del 2000 molti ragazzi nel Sud non vanno a scuola, ma ciò non implica la loro scarsa intelligenza, implica piuttosto il fatto che spesso non sono adeguatamente stimolati. Questo stimolo non arriva per la mancanza di strutture scolastiche efficienti in quanto le Istituzioni non provvedono in modo equo alla distribuzione sul territorio di scuole e servizi annessi. Peraltro molte volte le famiglie non vengono messe in condizioni economiche tali da poter garantire l'istruzione dei propri figli, anzi quei pochi che, nonostante la poca agiatezza, provano con coraggio a fare istruire i loro giovani oltre la scuola d'obbligo, vengono gravati dalle numerose tasse a volte paradossali (si pensi ad esempio alla tassa per il diritto allo studio universitario). Quindi a mio parere dobbiamo dire grazie al nostro efficiente sistema amministrativo se ancora una volta la nostra dignità di siciliani viene offesa. Giovani, non accondiscendiamo a tutto ciò che ci viene imposto direttamente o indirettamente, cerchiamo una via di uscita dal buio in cui siamo (anche se ciò forse non spetta a noi comuni cittadini), troviamo il coraggio di dire di chi è la colpa e "lasciamo pur grattar dov'è la rogna". Ivana (studentessa universitaria a Messina) |
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