Concetto Marchesi

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CONCETTO MARCHESI
Insigne latinista
Nato a Catania nel 1878 - Morto nel 1957
Francobollo commemorativo

"Un latinista e un intellettuale di singolare e solitario profilo"

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Concetto Marchesi nacque a Catania nel 1878 e frequentò in questa città il prestigioso liceo classico "Nicola Spedalieri".
All'università di Catania fu discepolo di Mario Rapisardi e da costui derivò non solo il primo interesse per la poesia (vedi il libro di versi "Battaglie") e per i classici latini, ma anche quello spirito ribelle e polemico che lo portò anche in prigione per qualche mese. Infatti, prendendo il titolo del poema rapisardiano Lucifero, fondò e diresse per breve tempo l'omonimo giornale "Lucifero", avendo dei guai con la polizia, che lo censurò e soppresse, anche perché il Marchesi già a 16 anni aveva cominciato a prendere le difese di operai, contadini e detenuti miserabili o politici. Si laureò a Firenze nel 1899 col latinista Sabbadini, discutendo una tesi su Bartolomeo della Fonte, lavoro a carattere filologico-erudito come il successivo sull'Etica Nicomachea (1904).
Cominciò ad insegnare nei ginnasi inferiori di Nicosia (EN) e Siracusa e nei licei di Verona e Messina. Ottenuta poi una cattedra nel liceo di Pisa, cominciò a prepararsi per la docenza universitaria e vinse anche il concorso per provveditore agli studi, venendo assegnato a Grosseto. A Pisa si sposò con la figlia del Sabbadini, Ada. Da questa unione nacque la figlia Lidia.

Divenuto titolare di letteratura latina all'università di Messina, insegnando studiava per una seconda laurea; e così i suoi stessi colleghi lo proclamarono dottore in giurisprudenza con una tesi sul pensiero politico di Tacito.
Il Marchesi passò poi all'università di Padova, ricoprendone la carica di rettore nel difficile periodo della Repubblica Sociale. A Padova visse per 30 anni. L'impegno morale che sostiene la critica del Marchesi si esplica direttamente in alcuni volumi di saggi in cui l'educazione classica conduce a una prosa limpida e raffinata, pervasa da una profonda saggezza: Il libro di Tersite (Roma, 1920, nuova ediz., Milano, 1951); Il letto di Procuste (Messina, 1928), Divagazioni (Venezia, 1953); Il cane di terracotta (Bologna, 1954), e con la rivelazione dell'antica letteratura cristiana, da lui decisamente inserita nella continuità della tradizione latina e studiata nei suoi valori poetici prima pressoché ignorati.

Nascono da questa rilettura, compiuta con un gusto agile e moderno e con un'acuta sensibilità estetica, opere fondamentali come: Valerio Marziale (Genova, 1914); Le corone di Prudenzio (Roma, 1914); Seneca (Messina, 1920); Petronio (Roma, 1921); Giovenale (ivi, 1921); Fedro e la favola latina (Firenze, 1923); Tacito (Messina, 1924); Il "Bellum Catilinae " di Sallustio (Milano, 1939) ; Livio, le verità Storiche (Padova, 1942); Voci di antichi (Roma, 1946); e soprattutto la Storia della letteratura latina (Messina, 1925-27, VIII ediz., Milano, 1942), - che ebbe anche un'edizione minore intitolata "Disegno storico della letteratura latina" - che delle ricerche monografiche costituisce la sistemazione storiografica in un panorama ricco e nuovo della letteratura di Roma.
Marchesi ha scritto inoltre: Bartolomeo della Fonte (Catania, 1900), Il compendio volgare dell'"Etica " aristotelica e le fonti del VI libro del " Trésor " (Torino, 1903), Di alcuni volgarizzamenti toscani in codici perugini (Perugia, 1907), Il volgarizzamento dell' "Ars amatoria", nei secoli XIII e XIV (Milano, 1917), testimonianze tutte dei suoi interessi di filologo anche della latinità medievale e delle origini romanze. Ricordiamo infine: L'Etica Nicomachea nella tradizione latina medievale (Messina, 1904) ; Gli scoliasti di Persio (Torino, 1912).
Socialista dall'età di 15-16 anni, nel 1921 a Livorno partecipò alla fondazione del partito comunista, rimanendo fedele a questa ideologia (sia pure con differenziazioni personali) fino alla morte. Nel periodo del rettorato padovano rivolse un celebre e nobile appello agli studenti, invitandoli a liberare l'Italia dall'ignominia e a farne uno Stato democratico. Quindi partecipò attivamente alla Resistenza, operando a Milano e nel bellunese e poi riparando in Svizzera.

Nel 1944 avvenne a Firenze l'assassinio di Giovanni Gentile, e il Marchesi fu accusato d'esserne il mandante morale, essendo quell'anno uscita una sua lettera aperta in cui s'annunciava un'imminente sentenza di morte. In realtà il suo scritto era stato manomesso dai capi partigiani e il primo a dolersene fu lo stesso Marchesi.

Dopo la guerra, fu deputato alla Costituente e svolse un elevato ruolo d'intellettuale e di maestro. Come costituente, violando la disciplina del suo partito, votò contro l'inclusione dell'art.7 (Patti lateranensi) nella Costituzione, della quale fu uno dei più attivi artefici.

Sebbene non credente e in polemica con le gerarchie ecclesiastiche, amò lo studio della letteratura cristiana, dichiarò di preferire Sant'Agostino e coltivò amicizie con sacerdoti dotti, con cui discuteva di cultura classica: notevoli i suoi soggiorni all'eremo di Rua di Feletto (TV) e l'amicizia con don Primo Mazzolari. Qualcuno ha anche affermato che alla fine si sia convertito.

Morì nel 1957, e la sua commemorazione alla Camera fu fatta da Palmiro Togliatti, in un clima di generale commozione e ammirazione.

Una testimonianza su di lui ha lasciato Norberto Bobbio, mentre suoi biografi sono stati Ezio Franceschini (autore del libro Concetto Marchesi), Luciano Canfora e Sebastiano Saglimbeni. Il Canfora lo ha definito "un latinista e un intellettuale di singolare e solitario profilo, che affondava le sue radici nella tradizione risorgimentale meridionale"; mentre il Saglimbeni ha curato la pubblicazione in volume dei discorsi parlamentari, degli articoli di giornali e di altre opere del Marchesi.

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