Cos'è la mafia?

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LA STORIA COME NON È MAI STATA INSEGNATA DAL TIRANNO DI TURNO

Cos'è la mafia?

"Siamo costretti ad accordare ai siciliani la qualifica di italiani"(Cilindro, detto Indro, Montanelli - giornalista e scrittore)

"Storicamente, uno col quale non era cosa da spartirci il pane era Nino Bixio, che intascava orologi d'oro nelle case in cui era invitato a pranzo e che diede il meglio di sé a Bronte". (Andrea Camilleri - il gioco della mosca)

"...La Sicilia è una fogna immane..."(prof. G.franco Miglio ideologo della Lega Nord)

"Per combattere e distruggere la mafia, è necessario che il Governo Italiano cessi di essere il re della mafia."
(on. Napoleone Colajanni)

Le prime azioni mafiose contro la Sicilia che la storia non insegna

Nel 265 a.C., 25 anni dopo la morte di Agatocle, la Sicilia subisce la prima aggressione romana.
Nel 260 a.C. 2 anni dopo la caduta di Agrigento, Trapani e Marsala, cade Palermo e viene distrutta Selinunte; la ferocia dei romani non ha limiti: viene massacrato il popolo di Lipari.
Per ironia della sorte, davanti alla ferocia dei romani, i siciliani con Gerone II formularono un patto di alleanza con i secolari nemici punici.
Il 10 marzo del 241 a.C. lo scontro tra i romani e i siculo-cartaginesi, nella battaglia navale di Favignana, segnava la caduta della Sicilia, dopo 23 anni di carneficine romane e concludeva la prima guerra punica. Subito dopo, Roma si stabilì saldamente in Sicilia facendone il "granaio dell'impero" (la coltura dei cereali è estremamente arcaica).
Oppresso dalla mostruosità dell'invasore italico, nel 214 a.C. re Geronimo di Siracusa riproponeva l'alleanza con Cartagine che riconosceva l'indipendenza della Sicilia e la sovranità di Geronimo su tutta l'Isola. L'eco dell'alleanza scatenò la furia dei Siciliani che spazzarono i presidi romani, liberarono Agrigento e le altre località dell'Isola. Roma, con un'azione mafiosa, dirotta in Sicilia nuove forze e soffoca gli insorti. Iniziano le rappresaglie romane ancora più spietate e feroci contro tutta la popolazione.

Le ultime azioni mafiose del dominatore

La Storia insegna che la mafia è una conseguenza dell'azione repressiva italiana

I contadini siciliani che attendevano dal ricongiungimento della Sicilia alla penisola italica la risoluzione dei problemi della terra, furono rapidamente delusi. La classe dirigente ottenne ciò che sperava dal mutamento politico che nel 1860, aveva fatto dei privilegiati i tardivi sostenitori dell'unità. Venne decisa la vendita degli antichi feudi e poi quella delle terre delle congregazioni religiose soppresse. Ma i latifondi furono divisi in appezzamenti e ceduti a contadini troppo poveri per acquistare sementi e materiale. Dopo pochi anni, i baroni ed i borghesi li recuperarono a bassissimo prezzo. Le cause di malcontento si moltiplicavano. Al profondo malessere economico e sociale si aggiungevano ancora gli intrighi degli agenti del re decaduto e l'atteggiamento della Chiesa cattolica che scomunicava gli acquirenti di beni ecclesiali, mentre spesso incoraggiava e benediva i sostenitori del vecchio regime ed i ribelli.
La maldestra applicazione della legislazione fiscale e militare del Piemonte in una regione per la quale non era stata concepita, provocava grandi difficoltà. I Siciliani conobbero un regime fiscale molto più pesante di quello dell'ex regno di Napoli: così i contadini delle grosse borgate rurali furono sottoposti all'imposta immobiliare perché abitavano in città.
Al tempo dei Borbone (o Borboni) i Siciliani non erano mai stati sottoposti al servizio militare. Fu l'applicazione nell'Isola delle leggi sulla coscrizione che costituì, fin dal 1861, la causa immediata della prima ribellione. Il numero dei disertori divenne ben presto considerevole, più di 25.000; essi si unirono ad altri ribelli per costituire quelle truppe di eroici (chiamati briganti) già protetti dalla straordinaria adesione degli abitanti e delle autorità locali. Il governo piemontese dovette far votare la legge marziale (legge Pica) e lanciare contro gli eroici ribelli i 120.000 uomini del mercenario Giuseppe Garibaldi. La repressione aveva fatto 2.500 morti. Furono condannati 2.800 eroici Siciliani che si erano ribellati all'azione mafiosa del piemonte.
L'Isola infine, sebbene fornisse all'Italia una parte importante dei quadri politici, funzionari numerosi e sovente ottimi, rimaneva a sua volta sotto-amministrata. Ancora una volta, il popolo tendeva a staccarsi dallo Stato.

Cronologia moderna delle azioni mafiose

27 marzo 1848 - Nasce la Repubblica Siciliana. La Sicilia ritorna ad essere indipendente. Ruggero Settimo è capo del governo, ritorna a sventolare l'antica bandiera siciliana. Gli inglesi hanno numerosi interessi nell'Isola e consigliano al Piemonte di annettersi la Sicilia. I Savoia preparano una spedizione da affidare a Garibaldi. Cavour si oppone perché considera quest'ultimo un avventuriero senza scrupoli (ricordano impietositi i biografi che Garibaldi ladro di cavalli, nell' America del sud, viene arrestato e gli viene tagliato l'orecchio destro. Sarà, suo malgrado, capellone a vita per nascondere la mutilazione). Il nome di Garibaldi, viene abbinato altresì al traffico di schiavi dall'Africa all'America. Rifornito di denaro inglese e dei Savoia, Garibaldi parte per la Sicilia.
11 maggio 1860 - Con la protezione delle navi inglesi "Intrepid" e "H.M.S. Argus", Garibaldi sbarca a Marsala. Scrive il memorialista garibaldino Giuseppe Bandi: I mille vengono accolti dai marsalesi come cani in chiesa! La prima azione mafiosa è contro la cassa comunale di Marsala. Il tesoriere dei mille, Ippolito Nievo lamenta che si trovarono pochi spiccioli di rame. I siciliani allora erano meno fessi! È interessante la nota di Garibaldi sull'arruolamento: "Francesco Crispi arruola chiunque: ladri, assassini, e criminali di ogni sorta".
15 maggio 1860 - Battaglia di Calatafimi. Passata alla storia come una grande battaglia, fu invece una modesta scaramuccia, si contarono 127 morti e 111 furono messi fuori combattimento. I Borbone (o Borboni) con minor perdite disertano il campo. Con un esercito di 25.000 uomini e notevole artiglieria, i Borbone (o Borboni) inviano contro Garibaldi soltanto 2.500 uomini.
È degno di nota che il generale borbonico Landi, fu comprato dagli inglesi con titoli di credito falsi e che l'esercito borbonico ha l'ordine di non combattere. Le vittorie di Garibaldi sono tutte una montatura.
27 maggio 1860 - Garibaldi entra a Palermo da vincitore!...ateo, massone, mangiapreti, celebra con fasto la festa di santa Rosalia.
30 maggio 1860 - Garibaldi dà carta bianca alle bande garibaldine; i villaggi sono saccheggiati ed incendiati; i garibaldini uccidevano anche per un grappolo d'uva. Nino Bixio uccide un contadino reo di aver preso le scarpe ad un cadavere. Per incutere timore, le bande garibaldine, torturano e fucilano gli eroici SICILIANI.
31 maggio 1860 - Il popolo catanese scaccia per sempre i Borbone (o Borboni). In quell'occasione brillò, per un atto di impavido coraggio, la siciliana Giuseppina Bolognani di Barcellona Pozzo di Gotto (ME). Issò sopra un carro un cannone strappato ai Borbone (o Borboni) e attese la carica avversaria; al momento opportuno, l'avversario a due passi, diede fuoco alle polveri; il nemico, decimato, si diede alla fuga disordinata. Si guadagnò il soprannome Peppa 'a cannunera (Peppa la cannoniera) e la medaglia di bronzo al valor militare.
2 giugno 1860 - Con un decreto, Garibaldi assegna le terre demaniali ai contadini; molti abboccano alla promessa. Intanto nell'Isola divampava impetuosa la rivoluzione che vedeva ancora una volta il Popolo Siciliano vittorioso. Fu lo stesso popolo che unito e compatto costrinse i borbonici alla ritirata verso Milazzo.
17 luglio 1860 - Battaglia di Milazzo. Il governo piemontese invia il Generale Medici con 21.000 uomini bene armati a bordo di 34 navi. La montatura garibaldina ha fine. I contadini siciliani si ribellano, vogliono la terra promessagli. Garibaldi, rivelandosi servo degli inglesi e degli agrari, invia loro Nino Bixio.
10 agosto 1860 - Da un bordello di Corleone, Nino Bixio ordina il massacro di stampo mafioso di Bronte. Vengono fucilati l'avvocato Nicolò Lombardo e tre contadini, tra i quali un minorato! L'Italia mostra il suo vero volto.
21 ottobre 1860 - Plebiscito di annessione della Sicilia al Piemonte. I voti si depositano in due urne: una per il "Sì" e l'altra per il "No". Intimorendo, come abitudine mafiosa, ruffiani, sbirri e garibaldini controllano come si vota. Su una popolazione di 2.400.000 abitanti, votarono solo 432.720 cittadini (il 18%). Si ebbero 432.053 "Sì" e 667 "No". Giuseppe Mazzini e Massimo D'Azeglio furono disgustati dalla modalità del plebiscito. Lo stesso ministro Eliot, ambasciatore inglese a Napoli, dovette scrivere testualmente nel rapporto al suo Governo che: "Moltissimi vogliono l'autonomia, nessuno l'annessione; ma i pochi che votano sono costretti a votare per questa". E un altro ministro inglese, Lord John Russel, mandò un dispaccio a Londra, cosí concepito: "I voti del suffragio in questi regni non hanno il minimo valore".
1861 - L'Italia impone enormi tasse e l'obbligo del servizio militare, ma chi ha soldi e pagando, niente soldato. Intanto i militari italiani, da mafiosi, compiono atrocità e massacri in tutta l'Isola. Il sarto Antonio Cappello, sordomuto, viene torturato a morte perchè ritenuto un simulatore, il suo aguzzino, il colonnello medico Restelli, riceverà la croce dei "S.S. Maurizio e Lazzaro".
Napoleone III scrive a Vittorio Emanuele: "I Borboni non commisero in cento anni, gli orrori e gli errori che hanno commesso gli agenti di Sua Maestà in un anno.
1863 - Primi moti rivoluzionari antitaliani di pura marca indipendentista. Il governo piemontese instaura il primo stato d'assedio. Viene inviato Bolis per massacrare i patrioti siciliani. Si prepara un'altra azione mafiosa contro i Siciliani.
8 maggio 1863 - Lord Henry Lennox denuncia alla camera dei Lords le infamie italiane e ricorda che non Garibaldi ma l'Inghilterra ha fatto l'unità d'Italia.
15 agosto 1863 - Secondo stato d'assedio. Si instaura il terrore. I Siciliani si rifiutano di indossare la divisa italiana; fu una vera caccia all'uomo, le famiglie dei renitenti furono torturate, fucilate e molti furono bruciati vivi. Guidava l'operazione criminale e mafiosa il piemontese Generale Giuseppe Govone. (Nella pacifica cittadina di Alba, in piazza Savona, nell'aprile 2004 è stato inaugurato un monumento equestre a questo assassino. Ignoriamo per quali meriti.)
1866 - In Sicilia muoiono 52.990 persone a causa del colera. Ancora oggi, per tradizione orale, c'è la certezza che a spargervi il colera nell'Isola siano state persone legate al Governo italiano. Intanto tra tumulti, persecuzioni, stati d'assedio, terrore, colera ecc. la Sicilia veniva continuamente depredata e avvilita; il Governo italiano vendette perfino i beni demaniali ed ecclesiastici siciliani per un valore di 250 milioni di lire. Furono, nel frattempo, svuotate le casse della regione. Il settentrione diventava sempre più ricco, la Sicilia sempre più povera.
1868 - Giuseppe Garibaldi scrive ad Adelaide Cairoli:"Non rifarei la via del Sud, temendo di essere preso a sassate!". Nessuna delle promesse che aveva fatto al Sud (come quella del suo decreto emesso in Sicilia il 2 giugno 1860, che assegnava le terre comunali ai contadini combattenti), era stata mantenuta.
1871 - Il Governo, con un patto scellerato, fortifica la mafia con l'effettiva connivenza della polizia. Il coraggioso magistrato Diego Tajani dimostrò e smascherò questa alleanza tra mafia e polizia di stato e spiccò un mandato di cattura contro il questore di Palermo Giuseppe Albanese e mise sotto inchiesta il prefetto, l'ex garibaldino Gen. Medici. Ma il Governo italiano, con fare mafioso si schiera contro il magistrato costringendolo a dimettersi.
1892 - Si formano i "Fasci dei Lavoratori Siciliani". L'organizzazione era pacifica ed aveva gli ideali del popolo, risolvere i problemi siciliani. Chiedeva, l'organizzazione dei Fasci la partizione delle terre demaniali o incolte, la diminuzione dei tassi di consumo regionale ecc.
4 gennaio 1894 - La risposta mafiosa dello stato italiano non si fa attendere: STATO D'ASSEDIO. Francesco Crispi, presidente del Consiglio, manda in Sicilia 40.000 soldati al comando del criminale Generale Morra di Lavriano, per distruggere l'avanzata impetuosa dei Fasci. All'eroe della resistenza catanese Giuseppe De Felice vengono inflitti 18 anni di carcere; fu poi amnistiato nel 1896, ricevendo accoglienze trionfali nell'Isola.

Continua....

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L' ECCIDIO DI BRONTE
Dal libro "Due Sicilie, 1830/1880", Capone Editore, Lecce, 2000, pag. 116.

A Bronte, il 1° agosto vi fu il primo esempio di come agivano i "liberatori" piemontesi. A Bronte esisteva la Ducea di Nelson, una specie di feudo di 25.000 ettari concesso da Ferdinando I all’ammiraglio Nelson, come ricompensa per gli aiuti forniti al Reame nel 1799. Alle notizie delle avanzate garibaldine, i contadini insorsero contro i padroni delle terre, aizzati dai settari che, dovendo sollevare comunque dei tumulti, promettevano loro le terre secondo i proclami garibaldini.

Essi insorsero il 2 agosto, commettendo violenze nei confronti dei notabili, saccheggiando e bruciandone le case. Furono uccisi una decina di "galantuomini". Cosicché il 4 agosto furono inviati a Bronte ottanta uomini della guardia nazionale, comandati dal questore Gaetano de Angelis, i quali però fraternizzarono con gli insorti, addirittura consentendo che venissero uccisi nella località detta Scialandro altri quattro "galantuomini".

Garibaldi fu immediatamente sollecitato, con numerosi dispacci, dal console inglese che gli intimava di far rispettare la proprietà britannica della Ducea, e anche perché erano iniziate delle rivolte simili a Linguaglossa, Randazzo, Centuripe e Castiglione, confinanti con le proprietà inglesi. Fu cosí che per non danneggiare gli inglesi, Garibaldi preoccupatissimo inviò il 6 agosto sei compagnie di soldati piemontesi e due battaglioni cacciatori, l’Etna e l’Alpi, al comando di Nino Bixio.

Queste orde circondarono il paese, ma poiché i rivoltosi erano già scappati, Bixio fece arrestare l'avvocato Nicolò Lombardo, ritenendolo arbitrariamente il capo dei rivoltosi e poi facendolo passare anche per reazionario borbonico, mentre invece era stato l’unico che aveva cercato di pacificare gli animi di tutti. Lo stesso giorno, 6 agosto, Bixio emise un decreto con il quale intimava la consegna di tutte le armi, l’esautorazione delle autorità comunali, la condanna a morte dei responsabili delle rivolte e una tassa di guerra per ogni ora trascorsa fino alla "pacificazione" della cittadina.

Bixio si rivelò in questa vicenda un feroce assassino. Per terrorizzare ulteriormente i cittadini, uccise personalmente a sangue freddo un notabile che stava protestando per i suoi metodi. Nei giorni successivi raccolse più di 350 tipi di armi e incriminò altre quattro persone, tra le quali un insano di mente. Il giorno 9 vi fu un processo farsa che condannò a morte i cinque imprigionati, che erano del tutto innocenti e che fece fucilare spietatamente il giorno successivo.

Per ammonizione, all'uso piemontese, i cadaveri furono lasciati esposti al pubblico, insepolti. Bixio ripartì il giorno dopo portando con sé un centinaio di prigionieri presi indiscriminatamente tra gli abitanti.

La Sicilia, nel frattempo, venne posta praticamente in stato d'assedio dalla flotta piemontese, con l'aiuto delle navi francesi ed inglesi, che effettuarono un blocco dei porti e delle coste, causando il crollo dei commerci marittimi e di ogni altra attività produttiva dell'Isola.


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